<%@LANGUAGE="VBSCRIPT" CODEPAGE="1252"%>Isole di Capo Verde: turismo fai da te di Anna e Alberto - Caboverde , Cabo Verde, Capoverde
GROGUE - Grogu
PONCHE - Póntchi

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    Tutte le Guide di Capo Verde riportano che il grogu (grogue) migliore è quello di Santo Antao.
    Non sappiamo se sia ancora vero poiché produttori senza scrupoli hanno, negli ultimi anni, messo in commercio prodotti decisamente scadenti.
    Inoltre il grogu, che dovrebbe essere prodotto esclusivamente distillando il succo della canna da zucchero, viene fatto, sempre più spesso e ovunque, aggiungendo grosse quantità di zucchero raffinato.
    Va da sé che il prodotto non ha più i canoni che contraddistinguono un grogu fatto a regola d'arte.
    Trovare un grogu fatto esclusivamente di canna, oggi, non è impossibile ma non è certo facile.

    La Canna da Zucchero:
    L'inizio della coltivazione della canna da zucchero è strettamente legato al commercio degli schiavi.
    La pianta venne introdotta nell'arcipelago all'inizio della colonizzazione ma fu solo a cavallo dei secoli XVII e XVIII che iniziò la produzione del distillato nell'isola di Santo Antao.
    Con incredibile (quanto inutile) lucidità e preveggenza le autorità proibirono ben presto la produzione di grogu ravvisandone i pericoli per la salute pubblica.
    L'unico risultato ottenuto fu un proliferare di distillerie clandestine che portò presto all'abbandono di ogni misura proibizionista.
    Nel 1866 comparve la prima imposta sulla fabbricazione del grogu.
    Da segnalare, successivamente, nei primissimi anni quaranta e da parte dei governanti, un altro tentativo, anche quello fallito, di proibirne la produzione.

    La Fabbricazione del Grogu:
    La canna va raccolta quando è in fiore, indicativamente entro marzo e giugno, e liberata a mano dalle foglie che vengono raccolte a parte e serviranno a molteplici usi: foraggio per animali, tetto delle case, combustibile...
    Le canne vengono schiacciate nei rulli del Trapiche (una macina, una volta a trazione animale, oggi elettrica).
    Il liquido ottenuto (detto kalda), passando per una canaletta (kubre), si deposita in un contenitore che verrà subito riversato in bidoni più grandi.

    La kalda, a questo punto deve essere lasciata a fermentare per almeno cinque giorni.



    - foto di Francesco -
    Viene poi riversata in un grande alambicco di rame (lambiki) di circa duecento litri.
    Vuole la tradizione che l'alambicco venga prima preparato strofinandolo all'interno con cenere e limone, risciacquato prima con acqua calda e poi con succo di canna, e, infine, asciugato con un panno pulito. Non sappiamo se qualcuno segue ancora questa procedura...

    Ma torniamo alla preparazione e al nostro alambicco pieno di kalda... e accendiamo il fuoco nel braciere che si trova sotto.
    Potremo adoperare,come combustibile, le foglie della canna, il residuo delle canne triturate, foglie secche di banano e di palma o pezzi di legna raccolti qua e là...
    Appena i vapori inizieranno ad uscire dalla serpentina, si farà scorrere un po' d'acqua nel koxe, il condotto che serve per il raffreddamento.
    Inizia la distillazione, i vapori si condensano lungo il tubo raffreddato e il distillato esce dall'estremità a gocce o in un piccolo rivolo.
    Come per la grappa italiana (in cui si distinguono tre parti del distillato: testa, cuore e coda), anche il prodotto della destinazione della canna dà:
    -la Kabesa detta anche Suor di boi che è la prima parte che esce dall'alambicco.
    -il Korazon,
    -l'Águ pé o Rapaz.
    La Kabesa (o Suor di boi) contiene la gradazione alcolica più elevata e una parte di alcol metilico che, se ingerito, è fortemente tossico; pertanto verrà utilizzata unicamente come medicinale per uso esterno;
    Il Korazon diventerà il grogu da imbottigliare, bere o vendere;
    l'Águ pé (o Rapaz) verrà gettato in un nuova kalda e ridistillato.

    Resta da valutare la bontà e la gradazione del prodotto finito.
    Raramente, per misurare i gradi del prodotto, si adopera il moderno alcolometro. E' consuetudine ricorrere ad una pletora di "assaggiatori" (spesso scelti tra gli stessi operai che non disdegnano un "cicchetto") Il sistema, se lascia a desiderare, in quanto all'attribuzione dei gradi da indicare sulla bottiglia, è, però, sicura garanzia della bevibilità del prodotto!



  • Póntchi


    - foto di Clara e Federica -
    Il Póntchi che berrete in casa dei Capoverdiani o nei loro bar è una mistura di grogu e di melassa (mel di kana) con l'aggiunta di qualche spicchio di limone.
    Se al póntchi, al momento di berlo, aggiungerete ancora un po' di grogu, secondo il vostro gusto, avrete quello che, in isole diverse, si chiama Kortadu, Kortadjinha o Stemperot.

    In tempi relativamente recenti ha fatto la sua comparsa un altro tipo di póntchi prodotto aggiungendo al grogu il succo o la polpa dei frutti più diversi. Troverete pertanto il póntchi di koku (di cocco), di kalbesera (di baobab), di morangu (di fragola), di goiaba ecc...

    Di solito, per la produzione del póntchi, si usa il grogu meno buono.